Affinchè il reato di maltrattamenti in famiglia sia punibile è necessario che l’agente eserciti, in maniera abituale, su una persona della famiglia o di uno degli altri soggetti di cui all’art. 572 c.p. una forza oppressiva mediante l’uso delle varie forme di violenza sia fisica che morale.
Pertanto per aversi “maltrattamenti” occorre che vi sia un soggetto agente, cioè colui abitualmente infligge sofferenze fisiche o morali ad un altro, e il soggetto passivo, cioè la vittima di tali violenze.
Da ciò discende che se le violenze, le offese e le umiliazioni sono reciproche, anche se di diverso peso e gravità, non può dirsi che vi sia un soggetto attivo e uno passivo, sicché il reato di maltrattamenti non è configurabile poiché in tal caso non si rileva la distinzione tra maltrattato e maltrattante.
Cass. pen., Sez. VI, Sent. 20 gennaio – 3 marzo 2009, n. 9531
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