Con tale provvedimento viene specificato la differenza tra il reato di stalking e quello di maltrattamenti in famiglia.
Secondo il Giudice, infatti, qualora le condotte persecutorie siano state in essere all’interno del nucleo familiare, la condotta criminosa è da ricondurre al reato di maltrattamenti e non a quello di stalking, poiché tale ultimo reato è ricollegabile a relazioni e legami di tipo non domestico, quali il contesto lavorativo o di semplice conoscenza, o a soggetti legati in precedenza da una semplice relazione sentimentale.
Inoltre, qualora persistano relazioni abituali fra i soggetti, è contestabile il reato di maltrattamenti anche quando si tratti di soggetti legalmente separati o divorziati.
Come nel caso in cui il marito, sebbene trasferitosi presso la casa dei propri genitori, posta però di fronte all’abitazione coniugale , abbia “una condotta abituale posta in essere con più atti, percosse, ingiurie, minacce e violenze che hanno determinato sofferenze fisiche e morali nella persona offesa, atti avvinti dall’unica intenzione criminosa di ledere l’integrità fisica e morale della moglie infliggendole sofferenze, privazioni ed umiliazioni che costituiscono fonte di un disagio continuo e comunque incompatibile con le normali condizioni di vita”.
Tribunale di Termini Imerese – Ordinanza 24 ottobre 2011 n. 2090