Il novellato art. 337 bis c.c. rafforza la scelta, già operata dal legislatore nell’art. 155 c.c. (oggi abrogato), del c.d. affidamento condiviso, introducendo il concetto di responsabilità genitoriale.
Ratio della riforma è quella di incoraggiare la bigenitorialità facendo si che i figli, anche dopo la separazione e il divorzio dei genitori, mantengano un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, ricevano cura, educazione e istruzione da entrambi e conservino rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Con l’affidamento condiviso la potestà genitoriale viene attribuita ad entrambi i genitori separati, sicché le decisioni che riguardano i figli devono essere raggiunte di comune accordo tra i genitori, tenendo sempre conto, come specifica la legge, di quali sono le esigenze e le aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo tra i genitori separati, invece, è necessario l’intervento giudice.
La regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori non esclude, nel caso di inidoneità di un genitore ad assumersi i compiti genitoriali di cura ed educazione del minore, che quest’ultimo possa essere collocato presso uno dei genitori e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l’altro genitore.
Nello specifico la giurisprudenza ritiene che si possa applicare il c.d. affido esclusivo, disciplinato dall’art. 337 quater c.c., nei seguenti casi:
1. Totale e reiterato disinteresse nei confronti del figlio, come, ad es., nell’ipotesi di inadempimento del dovere di mantenimento, poiché ciò è sintomatico della inidoneità del genitore a svolgere adeguatamente il proprio ruolo, avuto riguardo al fatto che tale comportamento incide con riferimento ai figli non soltanto sul piano strettamente materiale, bensì anche morale, impedendo loro di sfruttare al meglio le proprie potenzialità formative;
2. Inettitudine a prendersi cura della prole;
3. Comportamenti pericolosi o suscettibili di pregiudicare l’equilibrato sviluppo fisico o psichico del figlio;
4. Condizioni di vita anomale o irregolari;
5. Disturbi della personalità o personalità violenta, come, ad es., nel caso del padre condannato per episodi di violenza nei confronti della moglie, madre del minore, “trattandosi di episodi che travalicano i limiti dell’ordinaria conflittualità tra i coniugi separandi”;
6. Comportamenti del genitore che tenda ad inculcare un credo religioso con modalità pregiudizievoli per lo sviluppo del figlio o tali da impedire il suo normale inserimento nella società;
7. Comportamenti tali da ostacolare un sereno ed equilibrato svolgimento del rapporto del figlio con l’altro genitore, screditandone gravemente la capacità educativa o ponendo in essere tentativi volti ad impedirne od ostacolarne la frequentazione;
8. La preferenza espressa dal figlio adolescente per l’affidamento ad uno dei genitori.
Anche i genitori dei figli nati non in costanza di matrimonio possono richiedere l’affido condiviso o esclusivo della prole.
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